Don Flavio, riconoscenti per i 3 anni condivisi

In una brevissima omelia tenuta nell’ultimo agosto durante una preghiera per i ragazzi dell’oratorio in Mozambico don Flavio si domandava che cosa fosse fondamentale nell’impegno per la missione.
Accanto alla fede, accanto alla preghiera è richiesto di «ascoltare»! ha detto citando un amico missionario. Ascoltare è altro che «sentire». È fare spazio, fare silenzio, non essere chiusi. Aprirsi agli altri e agli avvenimenti.

Si è tutti diversi, la vita non è solo quel che ciascuno crede di se stesso. Allora per creare contatti è necessario ascoltare.
Il vangelo del giorno che don Flavio stava commentando invitava, per chi volesse seguire Gesù, ad abbandonare sé stessi per prendere la “propria” croce. Abbandonare, lasciare, è una dimensione dell’ascolto, diceva don Flavio, e Gesù è stato un grande ascoltatore.

Che non sia questo atteggiamento dell’ «ascolto», la dimensione unificante di quanto don Flavio ci ha detto e fatto in questi 3 anni di permanenza a Rovato? Anni nei quali si è sempre presentato come in comunione con gli altri sacerdoti e attento a collaborare nel far crescere l’Unità Pastorale.
Alcune costanti ritornano nelle parole e nei richiami di don Flavio. Anzitutto la centralità della Parola di Dio, che richiede come detto “ascolto”. Una Parola di Dio non che vola ma che risuona dentro la vita e lì dentro ancora si riesprime. Perché l’umanità chiede rapporti umani e perché avvenga, ancora è necessario che la vita sia ascoltata.

La Parola di Dio infatti risuona nel mondo e nella storia e non solo a Rovato. E quindi ancora è necessario ascoltare che cosa succede intorno, le ingiustizie, le guerre e le povertà che agitano più o meno rumorosamente il mondo che abitiamo. Così nelle celebrazioni delle Messe siamo tornati a sentire, i richiami alla pace, alla giustizia, alla necessità del rispetto per l’ambiente e per la Creazione. Sono richiami favoriti da quanto di drammatico succede intorno ma che non sono ovvii seppure ripetuti costantemente dalla predicazione di papa Francesco.

A molti è parso anche che questa dimensione dell’ascolto non sia stata per don Flavio solo una predica, ma un aspetto “coltivato” della sua persona. Abbiamo osservato la pazienza con cui ha cercato di costruire gruppi di persone che facessero animazione e preghiera al don Gnocchi, il tempo dedicato ai malati, ai loro parenti ed agli operatori; gli stimoli dati al gruppo adulti di Azione Cattolica perché divenisse protagonista della propria formazione; la pazienza esercitata nell’accompagnare quel gruppo di associazioni che ha promosso il ciclo di “Pace o Guerra!”; il farsi carico in modo non settoriale della realtà della parrocchia.

Ha dimostrato insomma che non servono atteggiamenti “muscolari” per costruire, ma pazienza, disponibilità, fiducia nelle persone. Un po’ come i nonni in una famiglia, detto con riferimento alla libertà e alla gratuità. A Rovato questo è nel solco degli esempi di don Luigi Gregori, di don Valentino, di don Giuliano.

Questo fa sì che molti oggi siano un po’ tristi per la sua partenza anche se si sa che farà bene altrove e che continuerà nella prospettiva missionaria.

Intanto gli diciamo GRAZIE per gli anni che ha donato a Rovato.

Giorgio Baioni

(dal Bollettino Parrocchiale ed. speciale Settembre 2022)

Pubblicato da Redazione UPR

Staff comunicazioni web dell'Unità Pastorale di Rovato.

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